Dr. Dell'Utri Antonio
Prevenire gli infortuni è un’arte che tutti gli allenatori degni di questa qualifica si impegnano ad affinare giorno per giorno.
Guidare squadre di bambini e di adolescenti è una responsabilità in più, rispetto a chi allena esclusivamente professionisti: pochi bambini che fanno sport di squadra manifestano apertamente i propri problemi fisici, spesso per paura di apparire inferiori ai compagni di gioco.
Ogni allenatore, quindi, sa di dovere agire da fine psicologo e da attento osservatore di qualunque cambiamento nel rendimento dei suoi atleti, fenomeno che, però, può dipendere non soltanto da fattori fisici, ma spesso anche mentali (genitori separati, problemi scolastici, dolori amorosi adolescenziali).
Questo “carico interno”, cioè l’insieme di zavorre psicologiche distraenti che tutti noi tendiamo a portarci dietro in qualsiasi attività quotidiana, diventa frequentemente un sovraccarico fisico che limita la prestazione giornaliera del bambino che si allena pensando ad altro, e lo predispone anticipatamente a traumi da “fine partita” (distorsioni di caviglia e di ginocchio).
Gli infortuni più frequenti in questa fascia d’età (6-16 anni) avvengono a danno delle ossa: l’eccessivo sforzo ripetuto che a un adulto procura una tendinopatia scatena, invece, un’apofisite nel ragazzo/a in fase di crescita, con dolore e dolorabilità prettamente localizzate alla cartilagine d’origine e/o a quella d’inserzione di strutture tendinee quali il rotuleo, l’achilleo, il tibiale anteriore (in ordine di frequenza). Una volta sviluppatasi, purtroppo, l’apofisite guarisce del tutto soltanto uno-due anni dopo la sua insorgenza conclamata.
Un tecnico di squadra attento allena in maniera individualizzata i suoi atleti proni a questo tipo di flogosi inserzionale tendinea (non tutti reagiscono alla stessa maniera al medesimo stimolo allenante), consentendogli di continuare a dare il loro contributo alla propria squadra anche se non in modo continuo, invece che doversi ritirare bruscamente per un paio di anni.
